Home » Didattica » IPT e Gravidanza

IPT per la depressione post-partum

Silvio Bellino, Camilla Rinaldi

La depressione postpartum (DPP) è un disturbo piuttosto frequente nei paesi occidentali, con una  prevalenza compresa fra il 7 e il 19% (Gaynes et al 2005).

Il DSM-IV-TR (2000) la classifica come un sottotipo di depressione maggiore, il cui esordio si colloca entro 4 settimane dal parto. Tuttavia, non c’è accordo sul criterio temporale: molti studi sull’argomento includono donne la cui depressione era già esordita in gravidanza oppure entro un anno dalla nascita del figlio. Il disturbo si caratterizza per umore depresso, labilità emotiva,  mancanza di energia, difficoltà di concentrazione,  alterazioni del sonno e dell’appetito. Le donne con DPP spesso avvertono un intenso sentimento di solitudine e vissuti di inadeguatezza e di colpa. La DPP costituisce un problema rilevante per la sanità pubblica, date le ripercussioni individuali e sociali a cui conduce: la depressione è la principale causa di ospedalizzazione non ostetrica  per le donne in età fertile negli Stati Uniti;  il suicidio è una delle principali cause di morte materna nel Regno Unito (Dennis and Dowswell, 2013). Tale condizione ha conseguenze anche sui figli: numerosi studi hanno evidenziato che la DPP si associa a  disturbi dell’attaccamento, disregolazione affettiva, alterazioni comportamentali, compromissione delle capacità cognitive nei bambini fino a 4-5 anni di età (Phillipps & O’Hara, 1991). Questi dati sottolineano l’importanza di un trattamento precoce.

La psicoterapia interpersonale è la modalità di intervento psicoterapico più studiata in questa condizione clinica (Stuart, 2012). Si configura come un intervento di prima scelta secondo una recente review della Cochrane Collaboration (2013).

Il modello è stato proposto nel 1995, quando Stuart e O’Hara hanno adattato l’IPT alle esigenze delle donne con DPP testandone l’efficacia in un trial in aperto. Da allora sono seguiti molteplici RCT (O’Hara et al 2000, Grote et al. 2009). Recentemente due meta-analisi hanno registrato solide evidenze empiriche di efficacia dell’IPT nel trattamento della depressione post-natale (Cuijpers et al 2008; Sockel et al 2011), indicando anche  la maggiore efficacia degli interventi interpersonali rispetto a quelli di orientamento cognitivo (Sockel et al 2011).

All’interno di un pattern eziopatogenetico certamente di tipo multifattoriale, numerosi studi (O’Hara 1994; Dennis and Dowswell, 2013) hanno sottolineato che la DPP è strettamente correlata con alcune variabili psicosociali (quali eventi di vita stressanti, conflitti coniugali, basso reddito, scarso supporto sociale) di specifica rilevanza per la psicoterapia interpersonale.

Le donne depresse riportano una significativa discrepanza fra il supporto interpersonale  desiderato e quello percepito durante il post-partum. Questa divergenza riguarda le relazioni con gli amici, i parenti, ma soprattutto il rapporto con il partner (O’Hara 1994). La mancanza di supporto sociale e emotivo da parte del compagno è stata identificata come un fattore di rischio per lo sviluppo della depressione post-natale, ma anche come una variabile su cui la psicoterapia interpersonale può incidere favorevolmente.

L’IPT per la DPP è stata applicata anche utilizzando un format di gruppo (Reay et al 2006), particolarmente utile in quanto crea direttamente una rete di supporto sociale.

E’ necessario definire gli elementi che contraddistinguono l’adattamento della psicoterapia interpersonale per il trattamento della depressione post-partum (Stuart, 2012). Bisogna chiarire che non si tratta di una terapia diversa rispetto all’IPT tradizionale, ma di un modello che presenta solo alcune modifiche rispetto al format di base. Pertanto, non richiede un training specifico, anche se è opportuno che il terapeuta che pratica l’IPT nel DPP sia aggiornato sui fondamenti della fisiologia e psicologia perinatale. La psicoterapia interpersonale per la DPP si basa su un modello biopsicosociale, secondo cui molteplici fattori contribuiscono a produrre nell’individuo una specifica diatesi e risposta allo stress. Le alterazioni ormonali  che si verificano nel postpartum rappresentano una vulnerabilità biologica che può  tradursi in distress psicologico se si interfaccia con una crisi interpersonale. Questo viene spiegato alla paziente, che è invitata a lavorare attivamente con il terapeuta per individuare tutti i fattori che hanno contribuito al suo disturbo. E’ possibile l’impiego di psicofarmaci in combinazione all’intervento psicoterapico.

Particolare attenzione merita la fase di valutazione. Difficoltà nel concepimento, gravidanza non programmata, complicanze perinatali e problemi durante il travaglio sono tutti aspetti che vanno accuratamente indagati. Ci sono poi i problemi pratici da gestire, come il baby-sitting del figlio durante la frequenza delle sedute. Per quanto riguarda l’Interpersonal Inventory particolare enfasi nella donna nel post-partum deve essere data ai rapporti con  1) il bambino, 2) il partner, 3) la famiglia d’origine, 4) la famiglia del compagno, 5) gli amici.

La maggior parte delle donne ha sentimenti ambivalenti rispetto ai propri figli: nonostante un forte coinvolgimento  nel rapporto col bambino, le donne possono nutrire risentimento per la perdita di libertà,  il carico di lavoro e l’impatto sulle relazioni che la nascita ha determinato.  Spesso le donne si sentono in dovere di manifestare solo le emozioni positive. Il clinico deve pertanto aiutare la paziente ad esprimere senza timore l’intera gamma di reazioni che la maternità ha suscitato. Se una donna descrive forti sentimenti negativi verso il figlio, bisogna effettuare un’attenta valutazione rispetto ad eventuali pensieri omicidi, considerando  anche la possibilità di una psicosi puerperale.

La qualità della relazione col compagno è un altro fattore predittivo di un adattamento materno (O’Hara 1994) alla gravidanza e al post-partum. La nascita del figlio modifica il rapporto col partner nelle dinamiche relazionali, nell’intimità sessuale, nella gestione del carico di lavoro domestico, nelle interazioni della coppia con familiari e amici. Sarebbe opportuno coinvolgere il partner nella terapia per almeno due sedute con un intervento di tipo psicoeducazionale. Recentemente (Brandon et al. 2012) è stato effettuato uno studio in aperto di psicoterapia interpersonale per donne con depressione perinatale in cui è stato coinvolto attivamente il compagno in tutte le 8 sedute previste  (Partner-Assisted IPT). E’ risultato un intervento efficace e ben accettato dalle coppie coinvolte, ma la scarsa numerosità campionaria richiede ulteriori indagini.

Nelle sedute intermedie vengono affrontati i temi specifici delle aree problematiche interpersonali. I contrasti interpersonali, che coinvolgono tipicamente il partner o la famiglia della donna,  riguardano spesso la mancanza di supporto pratico e emotivo percepito oppure divergenze  nella gestione del neonato.

La transizione di ruolo coinvolge spesso le decisioni rispetto al rientro al lavoro: le donne possono incontrare difficoltà nel trovare un equilibrio fra i doveri del loro nuovo ruolo e gli impegni precedentemente assunti. Quella di restare o meno a casa con il proprio bambino è una decisione importante per molte donne, su cui è naturale essere in conflitto, anche se  spesso si ha scarsa consapevolezza di questa ambivalenza.

Le problematiche relative al lutto possono essere anch’esse frequenti nel periodo perinatale e vanno affrontate nei casi in cui ci sia stato un aborto spontaneo, o un figlio nato morto, o ancora una precedente interruzione volontaria di gravidanza che può essere esperita in maniera diversa alla luce di una recente maternità. Anche la nascita di un figlio con gravi problemi di salute o disabilità può essere vissuta come una perdita.

Sarebbe preferibile evitare di adottare l’area del deficit interpersonale,  in quanto gli studi clinici hanno dimostrato che lavorando su questa area problematica l’outcome è meno favorevole.

Per quanto riguarda le tecniche, tutte quelle utilizzate nell’IPT della depressione trovano impiego nel trattamento della DPP. In particolare, la psicoeducazione è un intervento che risulta molto utile per fornire informazioni sulla natura e il decorso del  disturbo, ma anche sullo sviluppo e la cura del bambino. Tale tecnica andrebbe utilizzata soprattutto nelle sedute iniziali e in quelle in cui partecipa il partner. Anche l’analisi della comunicazione può aiutare la paziente a comprendere come la comunicazione sia ambigua e fonte di fraintendimento in un contrasto interpersonale.

Il terapeuta deve essere attivo e anche direttivo per alcuni aspetti, aiutando la paziente a sviluppare una adeguata capacità di problem-solving.

L’IPT per la DPP fornisce un trattamento a breve termine di un problema acuto. Se necessario, si propone una terapia di mantenimento per ridurre il rischio di ricadute.  La frequenza delle sedute è settimanale all’inizio del trattamento, ma può divenire quindicinale quando il quadro è più stabile. Risolto il problema interpersonale, il terapeuta potrà concludere il trattamento restando a disposizione per un ulteriore ciclo qualora si ripresentassero situazioni critiche, o concordare un follow-up a 6 mesi, o ancora proporre sessioni di mantenimento in  base al rischio di recidiva.

Bibliografia

  • Brandon AR, Ceccotti N., Hynan LS et al (2012). Proof of concept: partner-assisted interpersonal psychotherapy for perinatal depression. Archives of Women ‘s Mental Health 9(6), 303-308.
  • Cuijpers P, Brannmark JC& van Straten A. (2008) psychological treatment of postpartum depression: amata-analysis. Journal of Clinical Psychiatry, 64, 103-118.
  • Dennis CL, Dowswell T. (2013) Psychosocial and psychological intervention for preventing postpartum depression. Cochrane Database Syst Rev. Feb 28, 2.
  • Gaynes BN, Gavin N, Meltzer-Brody S, et al. (2005). Perinatal depression: prevalence, screening, accuracy, and screening outcomes. In AHRQ (Ed), Evidence report/technology assessment 119. Rockville, MD: AHRQ.
  • Grote NK, Swartz HA, Geibel SL,et al (2009). A randomized controlled trial of culturally relevant brief interpersonal psychotherapy for perinatal depression. Psychiatric services, 60 (3), 313-321.
  • O’Hara MW (1994). Postpartum depression: causes and consequences. NewYork: Springer-Verlag.
  • O’Hara MW, Stuart S, Gorman L, Wenzel A. (2000). Efficacy of interpersonal psychotherapy for postpartum depression. Archives of General Psychiatry, 57, 1039-1045.
  • Phillipps LH, O’Hara MW. (1991). Prospective study of postpartum depression: 4 ½ years follow up of women and children. Journal of Abnormal Psychology, 100, 151-155.
  • Reay R, Fisher Y, Robertson M, et al. (2006). Group interpersonal psychotherapy for postnatal depression: a pilot study. Archives of Women ‘s mental Health, 9(1), 31-39.
  • Sockel L, Epperson CN, & Barber J. (2011) A meta analysis of treatment for perinatal depression. Clinical Psychology Review, 31, 839-849.
  • Stuart S (2012) Interpersonal psychotherapy for postpartum depression. Clinical Psychology and Psychotherapy, 19, 134-140.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna su